Rize Griche: il portale del grico 🇬🇷
Le storie: gli usi, i costumi, la vita al tempo del grico


Il grico, una Lingua, un mondo, le sue storie ...
Possedere o no, avere o meno disponibilità, avere o no facoltà d’uso determina il posto che si può occupare nella scala sociale, tuttavia la differenza tra possedere una carrozza dorata e la più rottamata delle automobili disegna situazioni difficilmente paragonabili. Comunque sia, sono gli “oggetti” di cui la società dispone, a prescindere se sono nelle disponibilità o meno del singolo individuo, a scrivere la storia di un popolo di una determinata epoca.
Per quanto si voglia andare indietro con gli anni per poi paragonarli con quelli di buona parte degli anni 50 del 900, differenze molte non se ne vedono:
ci si spostava a piedi per le brevi distanze, usando i carri per distanze maggiori, ci si riscaldava con il fuoco, si usava la lucerna per illuminare le notti, la zappa e l’aratro per dissodare la terra. I manufatti erano in legno, terracotta, metallo, vetro.
Poi è arrivata la modernità, è arrivato il petrolio e la plastica.
I benefici apportati non sono discutibili. Gli effetti collaterali neanche.
È sacrosanta comunque la voglia ed anche il dovere di migliorare le condizioni di vita, tuttavia si ha avuto la sensazione che, una volta percepita l’aria del cambiamento, si abbia voluto quasi abiurare al passato e disfarsi di tutto ciò che lo rappresentava e probabilmente anche al grico è toccata la stessa sorte.
In questa sezione si son volute raccontare le principali situazioni con cui doveva fare i conti il popolo grico dando documentazione fotografica di oggetti, suppellettili, arredi e quantaltro che hanno permesso, nel bene e nel male, di scrivere le sue storie.
🇬🇷 La coltivazione del tabacco.

La storia del tabacco nel Salento inizia nei primi anni del 1800 per concludersi con la fine del 1900.
Si trattava di una pratica prettamente manuale, per niente meccanizzata, dai semenzai all’imballaggio. Occorreva quindi una considerevole mano d’opera. Tenuto conto che ormai da anni i giovani, per diverse ragioni, continuano a disertare i lavori agricoli, la coltivazione del tabacco, come delle altre colture agricole, vede la presenza preponderante di persone anziane, persone che in linea di massima sono di madrelingua grica. Le varie fasi della lavorazione del tabacco quindi, soprattutto quella dello "infilaggio", considerando il cospicuo numero di persone che vi partecipano, hanno rappresentato, in linea di massima, le ultime occasioni in cui si potevano udire le persone parlare grico.

Il ciclo della lavorazione del tabacco comprende varie fasi e si protrae per l'intero anno.

Semenzai (ruddhe).
I semenzai venivano allestiti nel mese di gennaio. Sono delle lunghe aiuole larghe circa un metro e lunghe parecchi metri su cui viene appianato un letto di letame (cropo) . Su di esso vengono seminati, mischiati a della cenere, i semi del tabacco (sporo).
Quando non erano ancora in uso i teli di plastica i semenzai venivano fatti a ridosso di un muro ed esposti a sud, quindi coperti con degli arbusti a riparo delle gelate. Necessitano di cure particolari, devono essere innaffiati periodicamente, liberati dalle infestanti (khorta) e avere cura che non siano attaccati dalle talpe (tiflipondichi).
Piantumazione
A inizio primavera ha inizio la piantumazione.
Si innaffiano abbondantemente i semenzai e successivamente si procede alla "estirpazione" facendo attenzione che le radici (rize) delle piantine (alte ormai circa 10 cm) non subiscano danni; si depongono in delle cassette di legno o dei secchi e le si coprono con un panno, un sacco umido, quindi si trasportano sul campo per essere trapiantate.
Sul terreno, adeguatamente coltivato e fertilizzato, servendosi di un filo guida, si tracciano dei lunghi solchi alla distanza di 50 cm l'uno dall'altro.
Il solco tracciato non è molto profondo, è necessario raggiungere comunque lo strato umido (l'amura) del terreno. Si cercava quindi di eseguire la piantumazione a ridosso della pioggia, altrimenti era necessario inumidire il solco con dell'acqua.
Le piantine vengono piantate usando un cavicchio (zippali, palo) a circa 20cm di distanza.
Le distanze di piantumazione non erano arbitrarie in quanto si aveva il permesso di piantare un numero preciso di piante. Alla distanza 20 X 50 si valutava che in un ettaro ci stessero 100 mila piantine. Era uso infatti non indicare l'estensione della terra coltivata a tabacco, bensì il numero di piante: 30, 40, 50 mila piante per un estensione di 30, 40, 50 are di terreno; 100, 200, 300 mila piante per 1, 2, 3 ettari. La coltivazione veniva posta a controllo da un funzionario dei monopoli, il cosiddetto "capu de li tabacchi" e se le piante eccedevano la concessione avuta era fatto obbligo di estirpare le piante in eccesso. Tuttavia il capo volendo poteva chiudere un occhio in quanto il limite era nel numero di piante e non nella quantità di tabacco prodotta.

La piantagione deve essere curata fino al tempo della raccolta zappettandola, sarchiandola e estirpando le infestanti.
Raccolta
Tra fine giugno e fine agosto si opera la raccolta.
Si eseguono dalle quattro alle cinque raccolte (cote). Si comincia dal basso per finire con le foglie apicali. Con la prima raccolta si colgono le foglie in basso, quelle, che sono a contatto con il terreno, ammaccate dal vento e dalle varie sarchiature e quindi di scarsa qualità; questa raccolta è detta "fronzone", mentre quella apicale è detta "puntalora". Le raccolte vengono fatte quando le foglie da verde intenso cominciavano a virare verso un verde più pallido, è comunque l'occhio esperto del contadino a stabilire quali foglie cogliere.
il tabacco raccolto e sistemato in mazzi, per trasportarlo nel luogo della successiva lavorazione si mette nei canestri se il locale è nei pressi della coltivazione, mentre si preferisce sistemarlo in capienti tele se il luogo di lavoro è lontano.


”Infilaggio”
Raccolto il tabacco nelle prime ore del giorno, - si comincia la raccolta non appena albeggia - dopo una parca colazione a base di pomodori, si passa all'infilaggio del tabacco raccolto.
Con un ago lungo all'incirca 30 cm (agosceddha, spadino) si infilza ogni singola foglia nelle nervatura centrale; riempito lo "spadino" lo si svuota nel filo di spago infilato nella cruna della spadino e terminante con un piccolo cappio (cappulata), che impedisce la fuoriuscita del tabacco; per riempire un filo ne occorrono circa tre spadini e un quarto. Il filo così riempito prende il nome di "nzerta".
L'infilaggio si protrae ininterrottamente, facendo salva la pausa pranzo e qualche minuto di riposo subito dopo, per tutta la giornata, comunque fin quando non si finisce il tabacco raccolto.
Durante l'infilaggio si opera una prima selezione, le foglie più grandi o più piccole si mettono via per fare delle filze a parte così pure con le foglie non integre.
L'infilaggio è anche il momento dei canti (travuddia), dei racconti (cunti) e del pettegolezzo. Tutto ciò ritorna utile anche per prevenire gli inevitabili, considerando da quante ore ci si è destati e la ripetitività dei gesti, colpi di sonno.
Altra cosa che va mansionata è che per quanto si può essere pratici ed esperti nel maneggiare lo spadino , non si è comunque immuni da dolorose punture.
Verso gli anni 70 si è cominciato a fare uso di macchine cucitrici.
Essiccazione
Dopo l'infilaggio le filze vengono appese a seccare su dei telai (tiraletti).
Durante la notte ed in caso di pioggia i telai vengono coperti con dei teli di plastica. Quando ancora quest'ultimi non esistevano si era solidi accavallare più telai e metterli sotto un albero di fico oppure coprirli con delle frasche di iperico (fùmuli).
In caso di previsione di cattivo tempo allora i telai si mettevano nei locali disponibili.
Le previsioni si facevano guardando ad occidente durante il tramonto. In base alla quantità di nuvole che si addensavano - in questo caso si diceva che "lu sule tirau" - si prendevano le decisioni.
Queste precauzioni sono necessari perché la pioggia come pure rugiada notturna drosìa, muntura possono compromettere la qualità del tabacco.


Una volta essiccato, le filze si slegano dal telaio e si riuniscono a gruppi di dieci, undici (metà telaio) ottenendo così i (chiuppi o pùpuli) che vengono appesi a dei ganci o dei fili di ferro posti in alto nei locali in cui si infila.
Questa operazione si deve fare di mattina e con vento di scirocco, in queste condizioni atmosferiche il tabacco è morbido e non si sbriciola.
"ncasciare"
Finita la raccolta si attendono le umide giornate di ottobre, novembre per sistemare il tabacco nelle casse, ("ncasciare").
Si slegano i "pùpuli" e le filze vengono sistemate pressandole in delle casse che preventivamente vengono foderate con della carta di imballaggio. E si attende la Consegna, la vendita cioè del prodotto, che avviene tra fine novembre e dicembre.
Stabilito il giorno, tutti i coltivatori facenti capo ad un determinato concessionario portano il tabacco nel luogo stabilito. Qui il proprietario del tabacco non ha alcuna voce in capitolo, infatti non vende, ma "consegna" il tabacco.
E' un perito che analizza e valuta il tabacco e fa il prezzo, a sua discrezione può decidere che parte del tabacco non possiede le caratteristiche necessarie e lo scarta - "to guàlane fore usu", si diceva - e stabilire una percentuale che viene tolta al peso totale detta "calo".
Tuttavia il tabacco ha rappresentato la fonte più redditizia di qualsiasi altro prodotto per lunghi anni, fin quando agli inizi del 2000 è stata dismessa la produzione.


Il tabacco conferito ai concessionari veniva portato nelle loro "fabbriche del tabacco"
dove ad opera delle tabacchine subisce una prima lavorazione prima di essere trasferito alla manifattura tabacchi per essere trasformato in sigarette. Ma questa è un'altra storia. Piccola nota: le donne che lavoravano il tabacco nella fabbrica venivano chiamate "tabacchine", mentre quelle che lavoravano nei campi erano chiamate "fìmmene" (ghineche)
Il “Capucanale”. Era prassi quando si finiva un lavoro importante che il proprietario offrisse un pranzo a tutti coloro che ne avevano preso parte, il capo canale, appunto, ossia l'ultimo solco.
lo si faceva quando si finiva di piantumare il tabacco, quando si finiva la raccolta oppure si offriva alle maestranze cha avevano eseguito un lavoro importante.




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